di Laura Madonini
In questo articolo Laura Madonini condivide il concetto di squadra come possibile strategia di self-care per gli operatori che lavorano in situazioni di complessità. Partendo dall’esperienza sul campo, propone alcune riflessioni in merito agli effetti psicologici sugli operatori che incontrano persone con storie dolorose e traumatiche, dalla compassion fatigue al trauma vicario, aprendo a possibili strategie di cura.
Lettura consigliata a: operatori, insegnanti.
Gli operatori che lavorano con adolescenti e famiglie in situazioni di complessità sono spesso coinvolti in storie cariche di sofferenza, angoscia, paura e rabbia molto intense. Come afferma Kathy Steele (2017), una delle studiose di traumi complessi e dissociazione più illustri a livello internazionale, per gli operatori è impegnativo essere presenti con persone che hanno vissuto esperienze molto dolorose ed è solo attraverso una condivisione collaborativa con la rete che si può camminare insieme, sperimentando delle possibilità.
Per due motivi:
1. Il trauma è contagioso.
2. Le reazioni di controtransfert traumatico sono inevitabili.
Per comprendere meglio le possibili reazioni nell’operatore, condivido il lavoro di Marinella Malacrea (2004) che propone 3 effetti del controtransfert traumatico:
1. EFFETTI DELL’IDENTIFICAZIONE EMOTIVA CON LA VITTIMA - senso di incapacità di aiutare, impulso ad assumere il ruolo di «salvatore», sperimentare gli estremi della rabbia, del dolore profondo, etc…
2. EFFETTI DELL’IDENTIFICAZIONE EMOTIVA CON IL PERPETRATORE - scetticismo e minimizzazione, disgusto e repulsione, critica e disprezzo per l’impotenza della vittima, voglia di «sbarazzarsi» della situazione, etc…
3. EFFETTI DELL’IDENTIFICAZIONE EMOTIVA CON IL TESTIMONE INERME - senso di colpa del sopravvissuto, responsabilità eccessiva, senso di colpa per provocare dolore nella relazione, impossibilità di soffermarsi sul tema, confusione, sentirsi vittima della persona traumatizzata.
Inoltre, l’esposizione ripetuta e continuata alla sofferenza e al dolore di altri esseri umani può portare un individuo a sviluppare una serie di disturbi sul piano emotivo, psicologico, comportamentale e identitario. Molti autori hanno evidenziato la comparsa di situazioni diverse:
• Compassion Fatigue: la tensione empatica e l’esaurimento generale che si manifestano nel trattare persone già in difficoltà, o in angoscia (Figley -1995). È caratterizzata da uno stato di profondo consumo fisico, accompagnato da un significativo dolore emotivo e una marcata riduzione della capacità di provare empatia e compassione per gli altri (Elwood, Mott, Lohr, Galovski - 2011).
• Secondary Traumatic Stress Disorder: una reazione acuta che si sviluppa improvvisamente e che si manifesta in tutto e per tutto con i sintomi classici del disordine da stress post traumatico (PTSD)
• Vicarious Trauma: Si tratta di una vera e propria compromissione dell’orizzonte di senso e della visione del mondo dell’operatore che viene progressivamente indebolita e privata di efficacia dalle vicende esistenziali dolorose alle quali questi deve assistere o di cui viene a conoscenza attraverso il racconto dei suoi pazienti.
Con storie molto complesse, mi capita spesso di sentirmi in difficoltà, a metà tra le gravi sofferenze delle persone che incontro e le esigenze del mandato istituzionale che ricopro nelle prese in carico. Senso di responsabilità, impotenza, affaticamento sono alcune tra le sensazioni che emergono in me. Cosa mi ha aiutato e continua a supportarmi? Diverse self-care strategies, ma in questo articolo ne voglio condividere una che sento molto utile: la squadra!
Ho sempre trovato molto efficace questo video di Julio Velasco, famoso dirigente sportivo e allenatore di pallavolo argentino, che ne porta alla luce i principali punti chiave: ruoli, compiti e rapporto tra i partecipanti, in cui per “partecipanti” intendiamo tutti: operatori, ragazzi e famiglie. Per essere una vera self-care strategy, il lavoro di squadra deve diventare un metodo di lavoro consapevole per far si che il percorso sia possibile:
Nel rapporto professionale con gli operatori e con le persone che incontriamo con cui possiamo formare una squadra, 5 sono gli ingredienti fondamentali (Annalisa Di Luca - 2021):
Infine, la squadra è anche una risorsa importante che ognuno può trovare all’interno del proprio Ente di appartenenza o delle Associazioni di riferimento o di equipe di lavoro.
E voi, vi siete mai trovati in situazioni di alta complessità? Quali sono le principali reazioni che avete sentito? Come la squadra è stata una risorsa?
Concludo condividendo una riflessione di Ota De Leonardis (2022), dove il concetto di squadra si amplia e diventa impegno sociale, uno sguardo che dovrebbe coinvolgere tutti gli operatori che a vario titolo si trovano a contatto con violenze e traumi:
“La cura non è una questione di buoni sentimenti, ma un principio di riorganizzazione sociale… implica presa di parola e cambiamento delle condizioni di vita, è una forza che mobilita la collettività e richiede la costruzione di un fronte comune dei lavori di cura”.
Bibliografia consigliata e approfondimenti:
Ota De Leonardis - “Dare consistenza politica al lavoro di cura” Animazione Sociale (2022)
Annalisa Di Luca - “Convegno Centro Come.Te” Il Mosaico Servizi (2021)
Elwood, Mott, Lohr, & Galovski - “Secondary trauma symptoms in clinicians: a critical review of the construct, specificity, and implications for trauma-focused treatment” (2011)
Figley, C. R. - “Compassion fatigue: Coping with secondary traumatic stress disorder in those who treat the traumatized.” (1995)
Malacrea M. - "Il buon trattamento: un’alternativa multiforme al maltrattamento infantile”, Cittadini in crescita (2004)
Kathy Steele - “La cura della dissociazione traumatica” (2017)
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