Di Tania Salvaderi
In questo articolo Tania Salvaderi entra nel merito delle modifiche all’articolo 403 e racconta i cambiamenti che la riforma Cartabia ha portato, invitando gli operatori coinvolti ad un confronto circa i risvolti pratici che tale riforma ha comportato su tutti gli attori della rete e sulle famiglie.
Lettura consigliata a: operatori, assistenti sociali
Con la legge 206/2021 il legislatore interviene per la prima volta sull’art. 403 C.c. inserito nel “Libro primo - Delle persone e della famiglia, titolo XI Dell’affiliazione e dell’affidamento” (risalente al 1942), ritoccando, nel primo comma, la disposizione previgente, ed aggiungendo ulteriori sette commi, di cui sei dedicati agli aspetti procedurali, che rappresentavano il vero punto critico della disciplina originaria; del resto, la stessa magistratura minorile aveva più volte messo in luce che la mancanza di termini (sia per gli operatori servizi sociali e forze dell’ordine, che per il PM minorile ed il tribunale) rischiava di comprimere oltre misura il diritto delle persone coinvolte.
Ecco come si presenta l’art. 403 c.c, così come approvato nel 1942:
“Quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere all’educazione di lui, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione”.
Il comma 27 dell’art. 1 della legge n. 206/2021 interviene a riscrivere l’art. 403 cod. civ. come segue:
Al primo comma vengono chiariti i presupposti che giustificano l’intervento della pubblica autorità:
La situazione di abbandono morale e materiale era già contenuta nel testo previgente, mentre viene aggiunta adesso l’esposizione a grave pregiudizio e pericolo per l’incolumità psicofisica del minore. La vera novità è forse la previsione dell’emergenza di provvedere, dal momento che il testo precedente non ne faceva menzione. L’emergenza può essere definita una circostanza negativa improvvisa, imprevista e inaspettata che può comportare conseguenze gravi se non gestita o contenuta immediatamente.
La Regione Lombardia nelle “Linee guida per il riordino e l'orientamento dei servizi dedicati alla tutela dei minori vittime di violenza” definisce:
I sette commi successivi della Riforma della Giustizia riguardano le procedure e le tempistiche previste. Definisce in modo puntuale e preciso i tempi, le modalità e i soggetti che devo intervenire nel procedimento che riguarda il nucleo famigliare.
E se i tempi non venissero rispettati? Se l’ascolto dei genitori e dei minori non avvenisse nei tempi stabiliti? Se il giudice volesse avvalersi di una consulenza tecnica da nominare di volta in volta con tempi altri rispetto alla procedura che prevede la legge?
Potrebbe essere scorretto che le valutazioni a cui è chiamato un magistrato per l’approvazione o la revoca, dopo l’allontanamento di un bambino dalla propria famiglia, non abbia limiti temporali, com’è stato finora. D’altra parte, se l’ascolto del minore avviene a breve distanza dall’allontanamento, il bambino, anche quando ha più di 12 anni, quasi mai è in grado di esprimere un giudizio sereno sui comportamenti della propria famiglia, perché – scrive la presidente dell’Associazione Italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia – «è l’unica che conosce, non avendo mai avuto altre famiglie con cui confrontarla, cosicché l’ascolto invece di essere un momento di verità e di garanzia, può trasformarsi in un’ulteriore sofferenza».
Decidere in 48 ore, rischia di non consentire una valutazione approfondita in situazioni delicate come maltrattamenti o abusi. Velocizzare i tempi rischia inoltre di non tenere conto dei meccanismi di funzionamento post traumatico del minore: ascoltarlo entro 15 giorni dall’allontanamento significa chiedere ad un minore di esporsi a vicende traumatiche ancora molto fresche nella sua mente e nel suo corpo. Fare questa richiesta troppo presto può attivare massicci meccanismi di difesa oppure una ritraumatizzazione. Queste questioni restano aperte e sarebbe interessante innescare un confronto tra gli esperti.
La riforma prevede la presenza di un giudice monocratico in ogni sezione circondariale del tribunale della famiglia. Attualmente sono presenti sul territorio nazionale 29 Tribunali per i minorenni, che diventeranno, in ottemperanza alla riforma Cartabia, 165 e si chiameranno “Tribunale Unico per le Persone, i Minorenni e le Famiglie”. Ogni sezione si occuperà di assumere decisioni su tematiche complesse, che impattano enormemente sulla vita dei minori e delle loro famiglie. Trattare temi, come l’affido, la valutazione delle competenze genitoriali, l’allontanamento, il collocamento in comunità, richiede sicuramente una conoscenza del diritto ma anche una formazione propria e competenze specifiche di altri saperi (psicologico, pedagogico, sociale) che sono state fino ad oggi rappresentate dai giudici onorari. Questi ultimi sono stati in grado negli anni di garantire, oltre ad un efficace ascolto dei minorenni, un apporto nella comprensione dei meccanismi psicologici che spingono al crimine, e parimenti hanno permesso di costruire validi progetti rieducativi e di supporto programmati dalla giustizia minorile. Il Giudice onorario minorile è, a tutti gli effetti, un giudice, che svolge pienamente la sua funzione giudicante, su un piano di parità con i magistrati professionali. Nella fase della decisione, i giudici onorari minorili fanno parte di un Collegio giudicante, composto anche da magistrati: è quindi fondamentale il reciproco scambio di conoscenze tra gli altri esperti del sapere e i giuristi. Attualmente il tribunale deve farsi promotore dell’attuazione di un valido progetto programmato e posto in essere dalle autorità pubbliche competenti, funzionale all'effettivo recupero del ruolo genitoriale, svolgendo, unitamente agli operatori sociali e psicologici coinvolti nel procedimento, un ruolo proattivo inteso a sperimentare tutte le possibilità di successo del progetto e ad apportare tutte le modifiche che si rendano a tal fine necessarie nel corso della sua attuazione. Per l’assolvimento di questa funzione assume particolare valore l’apporto dei giudici onorari, per le loro specifiche conoscenze nel campo della cura e dell’educazione dei minori. Un ruolo importante che generalmente viene delegato ai giudici onorari è quello del colloquio con le coppie che offrono la disponibilità per l’adozione nazionale e dei coniugi che chiedono l’idoneità per l’adozione internazionale. La Riforma Cartabia pare non prevedere la collaborazione dei giudici onorari. È prevista tuttavia la possibilità da parte del giudice di ascoltare il minore con la consulenza di un esperto.
E’ davvero una riforma utile? C’è forse il rischio di tutelare gli adulti e non il supremo interesse del bambino?
Per approfondire: documento PDF scaricabile della riforma dell'articolo 403 nel dettaglio
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